Come passare da “In a Nutshell Out” a “Donne Contro” e vivere felici (in attesa della prossima edizione)
Sembra che da un open studio teatrale, una specie di contest interno senza premi, possa prorompere spontanea la necessità di parlare di qualcosa. Sembra che non si aspettasse altro che un palcoscenico per parlarne. Un pronti via, uno speaker’s corner a via Verla 2b.
E fu così che la sessione di libera creatività interpretativa di “In a Nutshell Out” fece morbidamente nascere con parto acquatico, “Donne Contro”, come se la libera espressione si muovesse d’impulso automatico, verso temi forti, sentiti, primitivi.
Il tema della violenza sulle donne e della discriminazione del mondo femminile, sta diventando sempre più un argomento di cronaca nera quotidiana e S.T.O. ha ritenuto di dover contribuire alla mobilitazione ed ai dibattiti raccontando dal teatro il punto di vista femminile. S.T.O. voleva esserci in un qualunque periodo dell’anno, non legato al pur importante 8 marzo, per dire che la violenza non ha né ricorrenza fissa né calendario, che non si fa intimidire dall’istruzione né dai vincoli di affetto.
Parole e musica dall'universo femminile, con le sue tante identità negate e profanate, hanno catturato più di 200 persone per due ore intense al Lanificio Conte di Schio, uno spazio contemporaneo dalla forte identità che ha permesso di realizzare uno spettacolo di grande impatto emotivo.
La recitazione di cose al femminile si è svolta in un teatro vivo, in un luogo in cui si è respirata l’arte, la creatività, la libertà di pensiero, un luogo d’incontro di energie, un luogo dove si accoglie chi ama e chi sa ascoltare.
In scena otto frammenti teatrali di un viaggio emozionante fatto di solitudine e fragilità, comicità e amore per la vita, antichi dolori e nuove sensibilità: un “quotidiano” femminile senza tempo che ancora annaspa, ieri come oggi, in una finta parità di condizioni di vita, ma che viene proiettato con energia e determinazione verso la ricerca libera e consapevole di un proprio modello alternativo. È un contenitore tematico in cui sono confluiti il teatro classico e il teatro sperimentale ed avanguardista a comporre un puzzle emozionante e drammaticamente reale che grazie alla delicatezza o alla durezza dei toni utilizzati per descrivere le storie, aiuta a comprendere tanto le difficoltà che chi è abusato incontra nel denunciare la propria condizione, quanto quelle di chi deve raccogliere la denuncia e calarsi nel ruolo di “interprete” mai invadente, anzi pronto a decifrare con intelligenza i segnali solo apparentemente oscuri di chi ha subito un sopruso troppo grave per essere descritto attraverso il linguaggio di tutti i giorni.
La narrazione teatrale parte da uno stato di shock, da un trauma, per poi dipanarsi tra ricordi, immagini e frammenti di un diario di vissuti che riguardano tante donne ed in particolare molte giovanissime, che saranno il mondo di domani e che abbiamo l’obbligo di aiutare.
Le attrici e gli attori dicono: “io no”; e questo “no” vuole avere un senso universale: “no” a tutti i soprusi, “no” a tutte le violenze, “no” a tutte le offese, “no” a tutti gli abusi, “no” a tutte le vessazioni, “no” a tutti gli oltraggi.
Il coinvolgimento emotivo, che nasce dalla sensibilità del pubblico e dalla sua concentrazione, si è instaurato fin da subito nella grande sala: quello speciale stato d'animo che si crea quando a teatro cade la barriera tra attore e spettatore, quando il flusso sensazione - emozione - comunicazione scorre nei due sensi, preludio alla compartecipazione, alla condivisione, preludio alla bellezza che si produce in una serata di buon teatro.
I personaggi del racconto teatrale sono diventati corpi vivi, pesanti, pensanti … si muovevano con l’attore e lo spettatore, hanno pianto, riso, giocato insieme: scene familiari, folli regine infanticide, impacciati e teneri fenomeni da baraccone, vite marchiate per sempre dalla violenza, gioia e coraggio di donne che guardano in faccia il futuro, madri per sempre.
Non più personaggi di una storia. Persone. Pezzi di noi.
La narrazione prende avvio da una vicenda drammatica di violenza su una giovane donna, subito alleggerita da un quadro di quotidianità familiare lieve e rassicurante, come se passaggi emotivamente troppo forti necessitassero di essere rotti da accenni di leggerezza per essere compresi, per essere reali. Nasce poi dalla recitazione di un brano di Natalia Ginzburg la determinazione a chiedere il meglio dalla vita per i propri figli, il coraggio di chiedere e il coraggio di ottenere un paio di scarpe buone e robuste ai piedi per affrontare la vita con gli strumenti giusti.
E ancora Seneca con la furia omicida di Medea, donna dai poteri divini, che per orgoglio giunge ad uccidere i suoi stessi figli pur di non lasciare discendenza a Giasone.
La violenza dello stupro raccontata dalla vittima, il distacco nella voce, come se si trattasse di cosa altra da sé, la distruzione della propria intimità, del valore di sé, della sicurezza, della fiducia... sono un marchio che rimane per sempre.
Ma la violenza non ha confini, né età né contesto storico e colpisce le donne e i loro figli, che sono figli di tutte le donne. Musica opprimente, ossessiva e ancora scarpe, scarpe di deportati, un paio di scarpe di bimbo, questa volta, o di bimba, su cui la pietà di una donna sopravvissuta allo sterminio nazista posa un fiore, grazia e amore infinito nella brutalità della morte. Poi l'amore, l'incontro di due mondi impossibili che dapprima si sfiorano, incerti, poi si avvicinano e si amano con la tenerezza e l'imbarazzo del candore.
Infine, voci di donne, di tante donne nei Monologhi. Vagina, parola tecnica, medica, asettica, senza connotati. Le voci risuonano nell'aria, volti diversi si raccontano, ora timidi ora sfrontati, modi diversi di percepire il mondo tramite il corpo: parlano della propria femminilità, delle situazioni limitanti e frustranti in cui vivono tante donne, di fisicità troppo spesso negata o sporcata, del proprio corpo, simbolo della vita stessa. Il nostro dono sacro, vita che si perpetua e che scorre attraverso di noi.
Uno spettacolo realizzato da S.T.O., col cuore.
stefano
Lucia
Andrea Genito